Benvenuti nella terza parte del racconto del mio viaggio in Piccardia!
Ho trascorso una settimana in compagnia di cari amici che mi hanno guidata alla scoperta di questa meravigliosa regione a nord della Francia.
Vista la quantità di città, paesaggi, situazioni in cui mi sono venuta a trovare, ho deciso di dividere il mio articolo in più parti per agevolare la lettura.
La prima parte era dedicata alla città di Amiens, base logistica di tutto il mio girovagare francese. Trovate l’articolo QUI.
La seconda tappa ha visto la città di Lille come protagonista indiscussa e trovate il racconto di come è andata QUI.
Di seguito invece passiamo alla terza tappa di questo bellissimo viaggio, la città di Guise e il suo particolarissimo…

FAMILISTERE DE GUISE

È un nuovo giorno ad Amiens, mi sveglio riposata, alzo la mascherina che mi copre gli occhi, sento odore di caffè.
Mi tolgo il pigiama, mi sciacquo il viso, mi metto qualcosa addosso ed entro in cucina.
Lorenzo e Giga sono già svegli, chiacchierano assonnati, mentre sulla tavola come sempre c’è una vasta scelta. Thè, caffè caldo, zucchero, miele, baguette, burro, marmellata, biscotti… neanche in hotel.
Oggi è il giorno della gita più curiosa di tutte; sappiamo poco della nostra meta perché Giga fa il misterioso. Sicuri che sarà una bella sorpresa, ci velocizziamo e in poco tempo siamo pronti per uscire.
Saliamo in macchina e iniziamo un viaggio di un’oretta durante la quale le emittenti radio francesi si alternano nelle nostre chiacchiere.
Ogni tanto mi distraggo a guardare fuori questo panorama piccardo che mi mette molta serenità. Distese di campi, cielo azzurro, nuvole cotonate e il sole che ogni tanto fa capolino.
Così e ancora così per istanti lunghissimi.
La strada che percorriamo attraversa dei paesini e via via che procediamo verso nord le case si fanno sempre più basse, sempre più rosse, sempre più distanziate tra loro; apro il finestrino e respiro a pieni polmoni quest’atmosfera diversa, sospesa tra il bucolico e l’abbandonato, quest’aria fresca che ancora profuma di rugiada.
Arriviamo a Guise verso mezzogiorno e per strada non c’è nessuna delle 5401 anime che popolano questa cittadina. Perché Giga ci ha portati nel profondo nord di Francia dove gli autoctoni ci guardano come se avessimo la pelle verde e smontassimo da una astronave spaziale?
Perché Guise è uno dei pochi luoghi al mondo dove è possibile visitare un’utopia socialista realizzata e noi siamo qui per questo.

I più puntigliosi diranno che le utopie per definizione non si possono realizzare, ed hanno ragione, ma per i sognatori le regole del mondo sono diverse. E certamente fu un sognatore Jean-Baptiste André Godin, un uomo che ha segnato indelebilmente la storia di questo luogo; ma andiamo con ordine.
Siamo nel 1837, André Godin è il figlio di un fabbro e un giorno sperimenta e brevetta l’uso della ghisa per gli apparecchi da riscaldamento domestico. L’idea funziona, così Godin decide di inaugurare nella città di Guise un’industria per la produzione di stufe, le stufe Godin, famose in tutto il mondo.
Piccola parentesi curiosa: in francese il materiale “ghisa” si dice “fonte”, perciò la divertente similitudine tra il nome del materiale e quello della città funziona solo in italiano.

Ma torniamo al nostro André Godin che mentre lavora sodo per rendere produttiva la sua fabbrica non si dimentica di sognare.
Innovatore sociale, le idee politiche di Godin sono vicine al socialismo, riconoscendosi in particolare come discepolo del socialismo utopico di Charles Fourier.
Illustrarvi in questa sede quale sia questo pensiero non è possibile, ma voglio provare a sintetizzare la parte che più ci interessa, sperando di non banalizzarlo, invitandovi comunque a cercare maggiori informazioni nel web e nelle biblioteche se l’argomento dovesse essere di vostro interesse.
Fourier parte dalla critica della società capitalista borghese del tempo che a suo parere non ha portato al benessere e all’equilibrio che aveva promesso, ma che anzi ha aumento il divario sociale e la miseria.
Quello che risolverebbe la situazione, secondo Fourirer, è la cooperazione delle persone all’interno delle comunità. I membri di queste comunità non dovrebbero lavorare come schiavi all’interno di fabbriche dove svolgono compiti alienanti in condizioni di lavoro discutibili. Le persone dovrebbero offrire la loro forza lavoro alla propria comunità di appartenenza, avendo come obbiettivo un bene comune che influenza e alimenta anche il benessere individuale. Un lavoro più equo, secondo possibilità, e più giusto.
Fourier immagina un luogo all’interno del quale tutto questo sia possibile, e lo progetta.
Immagina quindi non solo l’organizzazione sociale del lavoro, ma anche quella della vita quotidiana e degli spazi in cui il tutto ciò diventerà realtà. Come si chiamano questi luoghi? Falanisteri.
André Godin è affascinato da queste idee al punto che decide di volerle realizzare.

Prima di tutto grazie alla fortuna che sta avendo la sua industria, può permettersi di spendere il suo denaro per finanziare alcuni esperimenti sociali portati avanti da alcuni suoi conoscenti in Texas.
Ma il Texas è lontano e Godin non può certo allontanarsi a lungo dalla sua fabbrica; sono perciò le idee socialiste che devono avvicinarsi a Guise.
Nel 1859 quindi, André Godin comincia a dare vita al ‘Palazzo Sociale’ che chiamerà “Familistère de Guise” e che sorgerà proprio a ridosso dei cancelli della fabbrica.
Il Familistère rispetta le idee di Fourier e di altri socialisti utopisti e prova a concretizzarle dando vita a spazi che le persone possano abitare in un equilibrio perfetto tra ambienti privati (pochi) e ambienti pubblici e comuni (molti).
L’architettura è messa al servizio delle persone. La misura di ogni cosa, dalla metratura delle stanze all’altezza del corrimano, è studiata nel dettaglio e ha un preciso motivo per essere così com’è.
Godin comincia con la costruzione degli appartamenti destinati agli operai e alle loro famiglie; sono spazi privati semplici, funzionali e uguali gli uni agli altri, per non creare delle differenze tra gli abitanti. Gli appartamenti sono raggruppati in una grande ala chiamata Palazzo Sociale.
Davanti ad esso, possiamo vedere il primo di una lunga serie di spazi destinati ai momenti di vita comune, vero fulcro di tutto il progetto.
Il primo è la scuola, dove i figli e le figlie degli operai potevano ricevere un’istruzione all’avanguardia.
A pochi passi di distanza trova posto il Teatro, un luogo per il tempo libero e per la circolazione della cultura, nonché sede delle assemblee degli abitanti del Familistère.
Godin pensò poi ad una grande ala dedicata all’igiene personale, che a quel tempo scarseggiava. Godin fece costruire dei Bagni Pubblici dotati di docce, piscina e lavatoi per i panni.
Mentre gli uomini si dedicavano al lavoro in fabbrica, le donne portavano avanti la vita domestica della comunità. Per loro sono pensati spazi comuni per l’accudimento dei figli e per lo svolgimento di tutte le attività a loro riservate.
Nel Familistère si trova anche un bellissimo giardino e le strutture più grandi sono circondate da prati verdeggianti.

La visita di questo luogo è incredibile, interessante, stupefacente. Personalmente condivido i sogni e le utopie che hanno animato Godin ed essere qui è essere dentro la storia.
Purtroppo, come spesso accade, dopo un periodo di prosperità lo scontro tra le utopie, i sogni, e la cruda realtà inevitabilmente umana fa rompere qualcosa.
La gestione del Familistère pian piano passa in mano alla collettività degli abitanti, così come Godin aveva da sempre immaginato. Ma mettersi d’accordo non è mai facile e nascono le prime tensioni interne.
A queste si somma il confronto con l’esterno; la vita nel Familistère offre agi e confort che al di fuori di esso non esistono e così gli abitanti di Guise che non lavorano all’interno della fabbrica di Godin iniziano a chiedere di poter comunque vivere nel Familistère…
Se siete curiosi di scoprire come continuò e come finì l’avventura di questa utopia socialista realizzata vi invito a consultare il sito ufficiale del luogo, che vi saprà raccontare tutto meglio di come posso farlo io.

Osservo questo luogo per un’ultima (forse) volta mentre pranziamo al refettorio che una volta era la mensa, ovviamente comune.
Mangiamo piatti tipici e deliziosi, formaggi odorosi e un dolce alle mele e crema.
Il viaggio di ritorno ad Amiens è animato da una conversazione su tutto ciò che abbiamo appena visto, mentre distese di campi riprendono a sfrecciare fuori dal nostro finestrino.

Dischi ascoltati
F. Hardy, J’écoute de la musique saoule

Libri letti
R. Ventura, Teoria della classe disagiata

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