Non c’è modo di cominciare il mio ultimo racconto se non dicendovi che non so da dove cominciare.
I ricordi, i profumi, i colori di questo viaggio sono così tanti che si affacciano tutti insieme sulla soglia dei miei pensieri, ingarbugliandoli.
Sono stata due settimane in Salento, una terra accogliente e ospitale, ma che allo stesso tempo sa proteggere i suoi segreti più belli, i luoghi più magici, svelandoli solo in parte.
Prima di partire io mi sono letta qualche guida, lui ha guardato a lungo le mappe e un’amica che il Salento lo conosce bene ci ha fornito un elenco di tappe obbligatorie. Eppure una volta arrivati c’è stato bisogno di rivedere le cose, più e più volte. In questa terra ricchissima il difficile non è capire cosa merita di essere visto (praticamente tutto), ma organizzarsi al meglio per combinare più tappe del viaggio nello stesso giorno, senza mai fare le cose di fretta.
Appollaiati ai banconi dei bar, seduti al ristorante, distesi fronte mare, due veneti gesticolanti si rigiravano per le mani cartine stradali, carta e penna; così devono averci visti da fuori i tanti baristi, camerieri, fruttivendoli, passanti che con disponibilità si sono dedicati a noi e hanno riempito i nostri appunti di viaggio con i loro suggerimenti. C’è chi ci ha svelato i suoi nascondigli segreti lungo la costa, dove trovare un’oasi di pace in cui non va nessuno, chi ci ha elencato posti dove vanno a mangiare solo i salentini, chi ha tirato fuori il telefono per controllare il meteo e dirci, a seconda del vento, in che spiaggia andare l’indomani.
E così alla fine sotto al nostro naso, a più mani e con il contributo di molti, si è creato un itinerario di viaggio che ci ha fatto scoprire una buona parte del Salento. Ciò che segue è il tentativo di condividerlo con voi.
Prima di cominciare alcune coordinate, perché ognuno di noi ha le sue abitudini in viaggio e per capire se il nostro itinerario può calzarvi, dovete conoscere qualcosa di più del pennello che l’ha dipinto.
Siamo due ragazzi a cui piace spostarsi spesso, per vedere ogni giorno qualcosa di nuovo, ma cerchiamo sempre di evitare di farlo in modo mordi e fuggi.
Non ci piace svegliarci presto perciò quando vi propongo più spiagge in un giorno è perché sono molto vicine tra loro. La sera ci piace mangiare fuori, cercando posti semplici e autentici, senza pretese o puzza sotto al naso. Di solito ci prendiamo.
Dopocena, una peroni sulla sabbia in riva al mare o sulla panchina di un vecchio paesino batte qualsiasi lounge bar alla moda.
Se siete come noi, spero che il mio diario di viaggio possa aiutarvi a scoprire una terra meravigliosa.
Lecce
Il nostro viaggio comincia da una delle città più belle della Puglia, Lecce, e per la precisione comincia tutto con un caffè leccese, ossia un caffè versato in un bicchiere pieno di ghiaccio con l’aggiunta del latte di mandorle, una specie di sciroppo dolce e delizioso. Il primo di una lunga serie.
Rigenerati, cominciamo a visitare il centro che sorge all’interno dell’antica cinta muraria. Lecce è stupefacente, è satura di chiese e palazzi barocchi (precisamente, barocco leccese), sa alternare grandi piazze a zone di vicoli, è frizzante e piena di vita.
Le cose che mi hanno colpito di più di questa città sono i suoi colori e la sua luce.
È come se qui ci fossero solo tre colori, ma così forti, pieni, vividi da non necessitare degli altri; l’azzurro del cielo, il bianco delle nuvole, il giallo dei palazzi. Immersa in questa primitiva tavolozza, tutto è illuminato con una luce abbagliante, quasi accecante, da questo sole immenso che tutto domina e tutto ricopre. È una sensazione particolare che è rimasta in me per tutto il tempo in cui sono stata qui e che tutt’ora facilmente riaffiora nella memoria. La mia personalissima meraviglia di Lecce.
Vi consiglio di visitarla passeggiando serenamente senza una meta, perché la città è piccola ed è bello provare a perdersi in essa. Volenti o nolenti prima o poi vi ritroverete in una delle due piazze principali, ossia Piazza Sant’Oronzo, dove si possono ammirare le antiche rovine di un anfiteatro romano, e Piazza Duomo. A quest’ultima voglio dedicare due parole perché è un raro esempio (il primo che io abbia mai visto dal vero) di “piazza chiusa”, ossia una piazza chiusa su tre lati. L’effetto è davvero particolare, ancor più se consideriamo che l’unica via d’accesso alla piazza non è posta al centro di essa; il visitatore si ritrova un po’ smarrito e impiega qualche secondo in più del normale per rendersi conto del luogo in cui si trova.
Proseguendo nella vostra passeggiata potreste visitare l’antico Castello di Carlo V, o ritrovarvi per caso di fronte al Teatro Romano, uno scavo archeologico quasi nascosto tra le case, o ancora refrigerarvi all’ombra degli alberi dei giardini pubblici intitolati a Giuseppe Garibaldi.
Lecce è la nostra prima tappa anche dal punto di vista culinario; cominciamo ad addentare la cucina salentina con una puccia, un panino tipico che nella forma ricorda il pane arabo e che viene farcito con diversi ingredienti. A nostro parere il più buono si trova non lontano da Piazza Duomo, da “Le prelibatezza G&G”, dove potete gustare due pucce che richiamano quelle della tradizione; una con un mix di verdure cotte e un’altra con tonno, pomodoro, capperi e formaggio leccese (vi assicuro che si, tonno e formaggio in questo caso si sposano benissimo).
Una seconda tappa culinaria che vi consiglio di inserire nel vostro itinerario è una gastronomia di Lecce che si chiama “Mezzo Quinto- cibo di strada”. Alla proprietaria basta un’occhiata per inquadrarci e con grande solarità, che ci fa sentire accolti e coccolati, ci propone in ordine; cipollona al forno gratinata con pan grattato e formaggio leccese, parmigiana di melanzane, polpette al sugo e un po’ di broccoli che la verdura sgrassa. Si mangia su dei tavolini o sulle panche in strada, due nastro azzurro e ci sentiamo i Re di Lecce.
Se preferite dei ristoranti ne ho un paio da suggerirvi, il primo più semplice, il secondo un po’ più pretenzioso ma sempre alla mano. Il primo indirizzo è quello “Dall’Antiquario” e si mangiano ottime orecchiette con le cime di rapa, il secondo invece si chiama “Tormaresca Vino & Cucina” dove propongono delle friselle rivisitate con creatività (come quella con purè di fave e cicoria o quella con tartare di tonno, germogli e fiori viola) e dove fanno una buonissima calamarata al ragù di pesce.
Per bere qualcosa dopocena il must have leccese è il “Colonial Bar”, cocktail bar specializzato in rum e con un barista d’eccezione che si fa chiamare Oronzo, che porta sempre una camicia a fiori colorati e che conosce bene l’autoironia. Descrive i suoi rum con quelle piroette di parole che si usano tanto adesso, in questi anni di food&beverage imperante, come se prima non avessimo mai mangiato e mai bevuto. Ma lo fa ridendosela da solo e alla fine ridi con lui. I drink sono eccezionali.
Chiudiamo le nostre serate leccesi allo Spazio Zei, un circolo Arci dove è in corso una serata di festeggiamenti a conclusione di un corso di fotografia. I partecipanti fluttuano tra i cavalletti, ammirando le opere esposte; poco più in là un gruppetto di persone si raduna intorno ad una torta alle meringhe, brindando a chissà che. Anche noi allora brindiamo, a questa bella città.
Conclusosi il nostro tempo a Lecce, ripartiamo e ci addentriamo nelle terre salentine fino a raggiungere il paese di Supersano, dove abbiamo affittato un appartamento per tutto il resto della nostra vacanza.
La scelta di un alloggio nell’entroterra si rivelerà fondamentale perché ci ha posti in una posizione comoda e centrale, dalla quale raggiungere nello stesso tempo entrambe le coste del Salento, quella ionica e sabbiosa e quella adriatica e rocciosa. Questa possibilità di scelta è strategica se consideriamo che in Salento è molto importante basarsi sul meteo dei venti per capire quale costa sarà la più placida per la giornata.
Quando soffia la tramontana, i venti spingono da nord in direzione sud; conviene andare al mare sulla costa ionica. Viceversa quando soffia lo scirocco da sud, conviene andare in spiaggia sulla costa adriatica. Questa è la regola generale che ho imparato, ma se siete appassionati di meteorologia e di venti sappiate che l’argomento offre numerosi spunti di approfondimento e che questa è solo, come dicevo, una regola generale.
La costa ionica
La costa del Salento che si affaccia sul Mar Ionio è caratterizzata da arenili sabbiosi che si estendono per diversi chilometri. I luoghi di interesse sono molti; da Punta Prosciutto a nord fino a Torre Vado e Santa Maria di Leuca a sud, passando per tante località che portano il nome di una Torre le cui rovine spesso si trovano ancora sul litorale (Torre Mozza, Torre Pali, Torre San Giovanni) e infine Marina di Pescoluse, zona dove si concentra il tratto di costa chiamato “Le Maldive del Salento”.
Lungo la costa sabbiosa c’è qualche eccezione dove spuntano delle rocce, come a Punta della Suina e a Porto Selvaggio. Il tutto senza dimenticare Gallipoli, città antica sul mare, con le sue spiagge famose per la movida (spoiler: noi non ci siamo andati).
Ma andiamo con ordine.
Per quanto riguarda la zona delle Torri e delle citate Maldive del Salento, noi abbiamo visitato la località Torre San Giovanni ed in particolare ci siamo fermati ad “Astor Beach”; parcheggio gratuito, accesso veloce al mare, spiaggia libera.
Qui abbiamo trascorso alcune giornate, pigre e pacifiche, a prendere il primo sole del sud, a dormicchiare, a leggere molti libri e soprattutto a fare infiniti bagni. Forse chiamarle Maldive del Salento è eccessivo, ma qui certamente c’è un’acqua meravigliosa, di color azzurro chiaro, con un fondale che si abbassa lentamente regalando lunghe passeggiate a pelo d’acqua.
Il sole tramonta da questa parte della Puglia e ci sono due modi per goderselo alla grande; il primo è farlo senza spostarsi da dove si è, dalla spiaggia. Il secondo modo è risalire in auto e guidare fino a Santa Maria di Leuca. Qui, oltre alla cittadina, c’è Capo Santa Maria di Leuca, con il suo santuario e una vista quasi a tutto tondo sul mare. Siamo nella punta più a sud della Puglia e si dice che qui si incontrino i due mari, lo Ionio e l’Adriatico. Che sia vero o no (abbiamo sentito varie spiegazioni su quale sia effettivamente il punto di incontro dei due mari, e non sembra essere veramente qui) è un posto bellissimo dove respirare il vento dal mare e dove vedere il sole posarsi dietro le case bianche di Santa Maria di Leuca. E quando il sole è calato, andiamo a mangiare un un posto delizioso che si chiama “Il Boccaccio”. I tavoli sono letteralmente immersi in un giardino costellato di ulivi e rocce e qui si cena a base di prodotti locali. Le proposte sono diverse, ma noi abbiamo puntato sulla semplicità di un tagliere di salumi e formaggi accompagnato da una bella bottiglia di Primitivo, e non abbiamo sbagliato.
Nella parte ionica della Puglia ci sono altri due posti di cui vi vorrei parlare. Sono atipici, perché non si tratta di spiagge sabbiose. Il primo luogo è Punta della Suina.
Come dicevo in questo punto la costa è rocciosa, ma tra gli scogli ci sono diverse aree sabbiose dove distendersi comodamente e dove è possibile piantare l’ombrellone. L’acqua è veramente meravigliosa e dà il meglio di sé nella prima metà della giornata. Qui è bello fare snorkeling perché, una volta in mare, è facile avvicinarsi ai tanti scogli che imperlano la costa.
Vi devo però avvisare di due note negative di questo posto; l’inevitabile parcheggio a 6 euro e, soprattutto, i prezzi di qualsiasi cosa al bar della spiaggia. Vi consiglio quindi di portarvi cibo e acqua per non rischiare di rovinarvi la giornata.
Il secondo punto roccioso nella costa ionica che abbiamo vistato è Porto Selvaggio.
Anche in questo caso si comincia con il lasciare la macchina in parcheggi a 5 euro per poi proseguire a piedi attraverso una grande pineta. È quest’ultima ad essere il punto di forza di Porto Selvaggio. Essa infatti si estende alle spalle della spiaggia e della baia, offrendo refrigerio a tutti i presenti. Qui ho davvero trascorso una giornata di pace assoluta, distesa all’ombra dei pini a guardare i raggi del sole che instancabilmente cercano di attraversarne le chiome. Dicono che di domenica la pineta si riempia di famiglie salentine e di tavole imbandite di ogni genere di prelibatezze.
La costa adriatica
Ogni viaggio o vacanza lascia qualcosa e a volerci pensare bene ci cambia un po’. Questa volta non ho dovuto riflettere a lungo su cosa io mi sia portata a casa di diverso dopo questo viaggio, mi è stato subito chiaro. Sono partita sognando lunghe spiagge di sabbia bianca dove distendermi, e mi ritrovo invece oggi a desiderare scogli su cui arrampicarmi e dai quali tuffarmi nel mare. Ebbene si, il Salento mi ha tolto la pigrizia marina.
La costa adriatica è ricchissima di scogli e di vere e proprie architetture che il mare ha scavato nella roccia nel corso dei secoli. I paesaggi che ho visto hanno, per me, dell’incredibile e mi hanno colpita così tanto forse perché sono stati del tutto inaspettati.
All’inizio di questo diario di viaggio vi ho detto che in Salento non è stato facile per noi capire cosa fare e come organizzare le nostre giornate e la massima espressione di questa difficoltà l’abbiamo riscontrata proprio della costa adriatica. È infatti talmente ricca di luoghi che meritano di essere visti che capire come combinarli insieme ha richiesto davvero grande impegno, e spesso anche delle incursioni serali a mo’ di sopraluoghi. Ma alla fine ce l’abbiamo fatta.
Cominciamo con il dedicare una giornata alla Baia dei Turchi e col farlo in un giorno infrasettimanale, poiché la meta è piuttosto famosa. Infrasettimanale si, ma siamo comunque a fine luglio e la baia è ricolma di persone. Fortunatamente è sufficiente non darsi per vinti e proseguire oltre il primo arenile per ritrovarsi in una seconda baia, molto più piccola della prima, dove è possibile godersi un po’ di pace.
Se proseguissimo lungo la costa arriveremo in un’altra località, Alimini, turisticamente poco conosciuta ma estremamente affollata di persone del posto. Ancora una volta si tratta di diversi chilometri di costa che si snodano indisturbati costeggiando acque cristalline che ricordano quella di una piscina. Si tratta di quello che io chiamo “lo spiaggione”, ossia una lunga distesa di sabbia puntellata da lidi e bar con alcune zone di spiaggia libera. Non lontano dalla costa qui fa perennemente il bagno il relitto di una nave battente bandiera greca diretta a Pesaro che nel dicembre del 1978 si arenò qui. Oggi solo parte della nave rimane fuori dalla sabbia e a non conoscerne la storia, onestamente non sembrerebbe niente di che. Comunque inusuale, è stato bello nuotarci attorno e immaginarla solcare i mari, ormai quarant’anni fa.
Vicino a queste spiagge ci sono alcuni punti di interesse che vi consiglio di visitare dopo esservi rosolati al sole.
Il primo sito è una Cava di Bauxite, un giacimento dismesso nel 1976. Evitate assolutamente i parcheggi a pagamento, che non sono altro che un pezzo di terra sfruttata più o meno legalmente da qualcuno che ha avuto una bella pensata. Lasciate stare. Abbandonate temporaneamente la vostra auto in prossimità di un monumento dedicato a Giovanni Paolo II. Proseguite qualche minuto a piedi per ritrovarvi in uno scenario marziano dove la terra è rossa, la vegetazione è fluo e l’acqua dei laghetti è di un verde strano, extra terreste.
Ormai che vi siete alzati dalla spiaggia non limitatevi, proseguite fino al Faro di Punta Palascia, altrimenti detto il punto più a est d’Italia. Il faro è completamente visitabile e ad accompagnarci è un giovane biologo marino che è qui per lavoro, ma soprattutto per amore. Ci racconta tutto di questo luogo, della sua storia e di quella del vecchio custode; una traccia della sua vita qui si può ancora vedere tra gli scogli, dove una scia bianca tra gli scogli neri corrispondente al percorso che ogni giorno il farista faceva fare alla sua barca, ritirandola dal mare.
Riusciamo a salire fino in cima al faro, dove c’è la lampada, e ad uscire fuori da quello che è il vetro che la protegge. Il vento è fortissimo e bisogna tenersi forte alla ringhiera; essere qui è molto emozionante. La nostra guida ci racconta che ogni giorno a fine lavoro lui se ne viene qui e si rilassa una ventina di minuti osservando il mare, respirandolo, spesso guardando branchi di tonni che gli passano davanti. Se il cielo è terso, all’orizzonte si vede l’Albania.
Fatto trenta facciamo trentuno, lasciate stare l’igiene della doccia post giornata di mare e dirigetevi direttamente ad Otranto per trascorrere la serata. Se avete seguito passo passo la nostra giornata, a questo punto state morendo di fame. La direzione allora è ancora più specifica ed è “Posto fisso”, una paninoteca dove abbiamo gustato una puccia con polipo, fiordilatte pugliese, pomodorini secchi e cicoria e una seconda con alici, pomodoro e formaggio leccese, con una spruzzata di piccante. Un minuto di silenzio.
A pancia piena Otranto si cammina piacevolmente, un po’ a fatica nella via principale costellata di negozietti di artigianato locale e di lavorazioni con il cuoio, principalmente sandali.
Infine, il lungomare di Otranto porta alla pace dei sensi; si vede l’acqua ormai scura che lambisce le mura della città illuminata e qualche barca a mezza via tra la riva e la spiaggia.
Ci sono amori che rincorri per anni, senza mai stancarti e che alla fine conquisti nel migliore dei modi. No, non è una poesia d’amore, sono io che penso ai ricci di mare.
Li ho mangiati per la prima volta in uno spaghetto sul porto di Procida prima di prendere la nave che mi avrebbe riportato a casa e da allora la mia vita non è stata più la stessa. Li ho cercati nei miei viaggi, ma per sfortuna non li ho mai trovati. O forse non è stata fortuna, è stata la prova da superare in attesa di arrivare nel paradiso terrestre, fortunatamente sconosciuto ai più, dei ricci di mare italiani: Porto Badisco. E non solo, ma di arrivare al “Bar Alimentari tabacchi” di Porto Badisco. Qui, in questo luogo uscito dagli anni ’70, in un giardinetto all’ombra di alberi dai fiori fucsia, solo a pranzo si possono mangiare i ricci di mare. Vengono portati dal mare con grandi ceste dai pescatori che li hanno appena raccolti al di là della strada; vengono aperti e posizionati su un piatto, con ancora tutta l’acqua di mare che li inonda e li condisce. Velocemente puliti, mi vengono serviti così, selvaggiamente, e ai miei piedi mi viene messo un secchio, di quelli blu di plastica scolorita, dove potrò buttare i gusci una volta svuotati. Sogno o son desto io non lo so, ma questi ricci sono davvero una prelibatezza. Saranno duri da battere.
Se non vi piacciono i ricci prima di tutto abbandonate immediatamente questo sito internet, ma se siete ancora qui vi rassicuro dicendo che in questo strano luogo potete trovare anche altro da mangiare, tutto proveniente da una gastronomia posta sul retro del bar-alimentari-tabacchi. Da qui escono ottimi taglieri di salumi e formaggi, piatti di riso patate e cozze e polpo in pignatta.
Soddisfatti e sognanti, salutiamo Porto Badisco per dirigerci poco a sud, a Porto Miggiano dove trascorreremo il pomeriggio. Cercate le indicazioni per la spiaggia, lasciate l’auto in un ampio parcheggio gratuito e cominciate a scendere per dei gradini di pietra che vi porteranno dritto dritto nel cuore di una delle più belle insenature di questa costa. Altissime pareti di roccia abbracciano un mare meraviglioso, verde acqua, una piccola spiaggetta di sabbia e i tanti scogli dove potete trovare posto. Oltre alla suggestiva cornice di roccia che si arrampica verso il cielo, Porto Miggiano è particolare perché si può raggiungere più che facilmente a nuoto una piccola grotta ed esplorarne l’interno in tutta sicurezza, sentendosi un po’ pesci e un po’ sirene.
Un’altra giornata comincia come sempre con la colazione, ma questa volta all’ormai consueto caffè leccese si aggiungono i pasticciotti. I pasticciotti sono dei dolcetti di pasta frolla ripieni di crema, come vuole la tradizione, o di svariate miscele, come vuole il menù della Pasticceria Martinucci che potrete trovare in tutte le città salentine e non solo. In ordine di assaggio le nostre papille gustative festeggiano con; pasticciotto crema e amarena, pasticciotto ricotta, crema al pistacchio e gocce di cioccolato, pasticciotto al limone, pasticciotto crema e nutella.
A questo punto alzarsi è veramente dura, ma qualcuno dovrà pur farlo, perché è giunta l’ora di mettersi in viaggio verso Castro.
Castro è una cittadina con una storia antichissima che comincia nel XVII-XVI secolo a.C.; la città fu abitata dai messapi, dai greci e dai romani, fu attaccata dai barbari, divenne poi sede vescovile, e seguirono normanni, arabi, bizzantini, tarantini… e la storia continua fino ad oggi. L’antico borgo è dominato dall’antico castello, che sorge su una collina da cui la vista si perde all’orizzonte. Nelle sere d’estate nell’antico centro cittadino vengono organizzate molte manifestazioni e noi abbiamo avuto la fortuna di intercettare una data del tour di Lorenzo Kruger dei Nobraino.
Sotto al cuore storico di Castro sorge Castro Marina, l’accesso al mare della città. Restiamo esterrefatti da quanto bella sia l’acqua in questo punto della costa, ancor più se pensiamo che questo è pur sempre un porto, anche se popolato perlopiù da pedalò e da barche per piccole escursioni. Fare il bagno qui è da professionisti, le correnti sono talmente fredde che nuotare all’impazzata non basta e dalla maschera da snorkeling non si vede nulla perché tutto è appannato dal gelo.
Dopo esserci asciugati al sole ci avviciniamo ad uno dei tanti baracchini di legno che sponsorizzano delle escursioni in barca alle famose grotte che puntellano la costa a poca distanza da Castro Marina. Scegliamo il giro di un’ora per una quindicina di euro a testa e abbiamo la fortuna di essere i soli nella barca, così abbiamo l’occasione di chiacchierare con il nostro marinaio. Vive qui da sempre, fa questo lavoro da sempre e all’inizio ho l’impressione che sia un po’ burbero, o forse solo stanco di vedere turisti tutto il giorno. Ma dopo un po’ si lascia andare, ci spiega con fare gentile tutto ciò che visitiamo, ci lascia fare un bagno più lungo del dovuto e finisce con il raccontarci di quando da ragazzo ha fatto qualche stagione a Jesolo, vicino a casa nostra. Le grotte che riusciamo a visitare sono la Grotta Azzurra, il cui nome la descrive, la Grotta Palombara, così chiamata perché è popolata da piccioni che vengono qui a bere le gocce di acqua dolce che filtrano dalla roccia calcarea, e la più celebre Grotta della Zinzulusa. Optando per una gita in barca, nelle prime due grotte potrete entrare (sono assai piccole) mentre la Zinzulusa la vedrete solo da fuori. Per esplorarne le cavità dovete raggiungerne l’ingresso via terra. A noi però interessava più che altro respirare l’aria d’alto mare e fare un giro in barca, quindi siamo stati soddisfatti.
Dopo essere rientrati a Castro Marina e aver salutato il nostro marinaio, ci prendiamo una pizza farcita alla cicoria al panificio che dista pochi passi dal porto, sulla destra, all’inizio della salita che porta a Castro centro storico. Se volete un altro suggerimento per mangiare, magari a cena, proseguendo per un centinaio di metri su questa strada c’è una mensa di pesce squisita che si chiama “Mare Vivo“; si ordina ciò che si vuole in base al pescato del giorno. Dopo una breve attesa ci si può accomodare in uno dei tanti tavoli disposti in un enorme giardino, sotto alle lucine e con la vista sul mare. Il prezzo è davvero modesto e il pesce è freschissimo.
Ma bando alle ciance, placato l’appetito ripartiamo per la seconda tappa di oggi; Marina Serra, una località per lo più sconosciuta ai turisti che ci è stata consigliata da una ragazza salentina. Rione che conta soli 28 abitanti appartenente al comune di Tricase, Marina Serra è uno di quei luoghi in cui capisci che la natura può essere, e spesso è, estremamente artistica.
Forse è qui che la mia neonata passione per gli scogli ha raggiunto l’apice, eppure non so nemmeno se sia corretto parlare di scogli. Quello che abbiamo qui sono delle vere e proprie architetture che il mare ha saputo ricavare nella roccia in lunghi secoli di instancabile ed incessante erosione. Il risultato, ad oggi visibile e accessibile liberamente, sono delle piscine naturali che si aprono letteralmente nelle rocce, oltre le quali imperversa il mare aperto.
Marina Serra non raggiunge il primo posto delle mie spiagge preferite nel Salento (scoprirete tra poco qual è) ma sicuramente si accaparra l’oro per il paesaggio più particolare che questa vacanza mi abbia regalato, e come ormai dovreste aver capito la concorrenza era agguerrita.
Per la nostra penultima sera in Salento ci rivolgiamo ad un aiuto cartaceo. Si chiama “Salento”, è un giornale che esce ogni quindici giorni e racchiude in sé tutte le informazioni su feste, sagre ed eventi in generale. Questa sera grazie all’editoria che ancora non molla finiamo in un posto incantato, il Canalone di Acquaviva. Si tratta di una piccola insenatura della costa che offre una piccola spiaggia di sassi riparata da tutto e da tutti. Ci si può venire di giorno a fare il bagno e a rilassarsi un po’. Stasera questo scenario magico ospita un concerto jazz che noi ci godiamo seduti su una muretta con una bottiglia di vino.
Non potevamo non dedicare l’ultimo giorno in Salento alla sua costa adriatica che tanto ci ha stupiti. Oggi andiamo alla scoperta dei luoghi segreti dei baristi di Maglie. In che senso? Abbiamo passato una parte di una delle nostre serate a Maglie, una città piuttosto grande dell’entroterra pugliese, scoprendo il cocktail bar “Ai Cubi” recensito anche da Gambero Rosso. Tra un drink stupefacente e l’altro (saper mettere insieme ginger beer e latte di mandorla non mi pare facile, qui ce la fanno) ci siamo ritrovati a chiacchierare con i baristi che, dopo averci subito inquadrati come foresti, ci hanno svelato dove vanno a mare loro (a mare, si, non al mare) e dove si può trovare pochissima gente pur essendo fine luglio. Cosi oggi ci siamo andati.
Partiamo da Roca Vecchia, una località balneare nel comune di Melendugno. Qui ancora oggi sono visibili i resti di quella che un tempo fu una fortezza aragonese prima e un covo di pirati poi; tuffandosi nel mare gelido si possono raggiungere a nuoto alcuni grandi scogli sui quali svettano le rovine di ciò che fu. Si riesce facilmente ad arrampicarsi e a fare un giro esplorativo.
A pochi chilometri da qui questa costa rocciosa, alta, frastagliata e scavata dal mare regala un altro punto di interesse, Grotta della Poesia. È un luogo estremamente noto al turismo ed è pienissimo di gente. Se vi va di passarci, non contate di fermarvi qui, è impossibile. Però vale la pena dedicarci una mezz’ora per provare a fare quello per cui questo luogo è famoso; un tuffo in una piscina naturale che si è formata all’interno dello scoglio. Capire da dove ci si deve buttare è molto semplice perché c’è la fila, e mi ci metto. Davanti a me ci sono una ragazza poco convinta ma che alla fine si fa convincere, un ragazzo che prende la rincorsa, amici che scherzando buttano altri amici e poi alla fine tocca a me. Meglio non guardare più di tanto giù, dirsi ok vado e fare il passo oltre la fine della roccia. Non siamo poi così alti, ma è il mio primo tuffo ed è la prima volta che cado da abbastanza in alto da percepire quel momento in cui dici “ok ma quando arriva l’acqua?!”. Si può fare il bagno in questa conca anche senza tuffo, semplicemente scendendo delle scale scolpite nella roccia; dalla prospettiva acquea si può ammirare al meglio la Grotta della Poesia perché se ne percepisce la circolarità sopra alle nostre teste.
Concluso il nostro breve tempo qui, decidiamo di spostarci verso l’ultima tappa di questo meraviglioso viaggio, che si rivelerà essere la mia preferita in assoluto. Andiamo a Sant’Andrea, ci fermiamo a mangiare qualcosa al bar Babilonia che in realtà è famoso per le serate estive che organizza (aimè, non in questi giorni) e poi ci dirigiamo verso la spiaggia. Grazie ai consigli ricevuti, sappiamo di non doverci fermare nella prima spiaggia disponibile, ma di doverci incamminare per la scogliera che sorge a destra della spiaggia. Il percorso a piedi è breve e molto facile e conduce in un angolo di paradiso poco conosciuto e poco frequentato. Ormai siamo a fine luglio ma qui, oltre a noi, contiamo al massimo altre dieci persone.
Ci accomodiamo sugli scogli, diversi metri sotto di noi si apre un’enorme baia mozzafiato, enorme, circondata da altissime pareti di roccia.
Dallo scoglio ci si tuffa nell’acqua, dove non si tocca, ma con qualche bracciata si raggiunge un fondale più basso, dove si tocca e dove si può camminare per decine e decine di metri, all’ombra di questi enormi faraglioni che tagliano il resto del mondo fuori da qui.
Ho cominciato questo diario di viaggio dicendovi che il Salento è un posto ricco di meraviglia, pieno di luoghi nascosti che solo chi vive qui può svelarti. Ho continuato dicendo che in Salento mi sono scoperta diversa, divertita dagli scogli, innamorata dei tuffi, ricercatrice di paesaggi naturali; più leggera.
Sant’Andrea è il posto che per me racchiude tutta la magia di questa terra e quella della mia personalissima trasformazione.
Dischi ascoltati
Motta, Vivere o Morire
Sud Sound System, Acqua pe sta terra
Libri letti
M. Missiroli, Atti osceni in luogo privato
S. Mancuso, L’incredibile viaggio delle piante